Lettera aperta di un Presidente di Sezione.

L’atto di picchiare un arbitro non si discosta molto, in se stesso, da quello di picchiare un bambino, un animale o, ancora, dalla violenza domestica perpetrata nei confronti di una donna.

Se ci trovassimo all’epoca del far west, le cose andrebbero in modo ben diverso.
E ridere di questa frase non è consentito, se solo si pensa alla gravità dell’argomento.

Un arbitro non può infatti reagire a livello fisico nella stessa forma dell’oltraggio subito, ormai sempre più frequente nelle aggressioni domenicali.
Non può, altresì, offendere verbalmente i partecipanti ad una gara, ne omettere il rispetto dei normali principi di buona educazione.
Non può nemmeno ipotizzare di portare qualche familiare ad assistere alle manifestazioni sportive alle quali è chiamato istituzionalmente a partecipare.

Provare solo sdegno e nausea significherebbe sminuire la gravità del gesto ignobile effettuato dai quei “ELEMENTI” che si mimetizzano e si nascondono in mezzo a tanta brava gente.

Se è vero che in cuor vostro almeno per un istante siete stati sfiorati dal desiderio di colpire un arbitro, fosse anche solo con un buffetto, è pur vero che la cognizione di civilizzazione lascia il tempo che trova, nella stessa misura di quel detto che vede la matematica come un’opinione.

E’ altrettanto vero che l’immobilismo di chi si propone a tutela degli arbitri porta altresì a chiudere tutti e due gli occhi, con deplorevole teatralità e in nome e di “princìpi” chiamati fair play o sportività.

Il fatto accaduto, assolutamente grave ed increscioso, si manifesta per l’ennesima volta come una gratuita violenza perpetrata da parte di giocatori e dirigenti nei confronti di un arbitro.

Sfogare rabbie e frustrazioni personali all’interno di una partita dovrebbe essere un fatto inconcepibile, in quanto, e ricordiamocelo sempre, il calcio dovrebbe rimanere sempre e solo un gioco.

PROPRIO COSI’!!!!
IL CALCIO E’ SEMPLICEMENTE UN GIOCO E NULLA PIU’!

Ancora una volta saranno comminate pene irrisorie che apriranno così le porte, in futuro, ad altri casi simili.

La forza arbitrale diminuisce di anno in anno in maniera esponenziale. E diminuisce in modo direttamente proporzionale al modo in cui i dirigenti arbitrali si ostinano a cercare soluzioni palliative.

Si! perché le soluzioni non si devono cercare : si devono trovare!,,,,,,,,,il che è una cosa ben diversa. Oggi, seppur nell’intenzione di cercare una soluzione, non si fa comunque abbastanza per sopperire a queste problematiche situazioni.

Ci sono tante società calcistiche e , all’interno delle stesse, numerose persone che si adoperano per portare avanti quella forma di collaborazione che si traduce anche in un incassare a denti stretti i torti arbitrali (involontari) o le sviste di vario genere, incluse le inadempienze o la carenza di conoscenza nell’espletamento delle proprie mansioni (per esempio da parte dei più giovani fra gli arbitri).
Ci sono tante società che intervengono in modo congruo e tempestivo con i propri associati per stoppare sul nascere atti di intolleranza, o ancora meglio, per educare fin da subito i propri tesserati alla cultura del vero sport: allontanare o isolare i soggetti potenzialmente rischiosi e “cancerogeni” rappresenta sicuramente un ottimo inizio!!

Ma ci sono, purtroppo , all’interno di alcune società calcistiche persone che ancora non sanno o, cosa ancor più grave, non vogliono mettersi a disposizione della collettività sportiva con due fondamentali peculiarità proprie dell’essere umano : l’intelligenza e il raziocinio. Tali elementi, che si nascondono nell’ombra delle persone corrette, non sono funzionali all’ambiente sportivo e, per la loro pericolosità, vanno isolati, stigmatizzati e, possibilmente, riportati sulla “retta via”.

Questo tipo di comportamento, infatti, non serve a niente e a nessuno. E’ solo una fittizia dimostrazione di signorilità che ben presto, però, si scopre pubblicamente come una presa in giro bieca e orripilante.

Prima o poi saltano fuori i nomi di fatti e persone, di società e blasoni. E prima o poi il dito dietro cui nascondersi si farà sempre più piccolo davanti alla vergogna di avere adoperato la violenza solo per un gioco.

Semmai gli arbitri fossero prevenuti, fatto tutto da dimostrare, ciò potrebbe forse essere dovuto alla consapevolezza di essere soli contro tutti; anche contro i loro stessi massimi dirigenti, immobili e inermi davanti alla mancanza di autonomia economica, politica e amministrativa. Paradossalmente, gli arbitri non possono intraprendere azioni legali contro terzi senza una preventiva autorizzazione (e ben difficilmente riceveranno tale autorizzazione a procedere).
Di contro, però, non posseggono alcuna forma di tutela legale in caso di denunce riferite al loro operato. E questo mostra un paradosso ancor più grave, già rappresentato da tempo da parte dei Presidenti di Sezione del Piemonte e Valle d’Aosta in un documento portato a conoscenza dell’attuale vertice dell’A.I.A.

Proviamo, insieme, a trovare una soluzione a questo spinoso e difficile problema!

Gioacchino ANNALORO Pres. Sezione di Collegno